Laureato in Grafica e Progettazione Multimediale presso la facoltà di Architettura "a vallegiulia" dell'Università La Sapienza di Roma, dal 2010 mi occupo di aiutare le aziende nella creazione e sviluppo di Strategie di Branding per il posizionamento sia online e sia offline creando al contempo contenuti grafici e visual per strategie di Social Media e Digital Marketing.
Ultimamente mi è capitato molto spesso di incontrare clienti che mi parlano di voler fare della pubblicità online e mi chiedono consigli su quale possa essere la soluzione migliore per farsi conoscere. A questo punto credo che sia giusto darvi delle indicazioni che magari vi possano aiutare a capire quale possa essere la giusta strategia di approccio al mondo dei Social Network. In questo ambito un aspetto che spesso si tende a dimenticare è il fatto che non esistono formule magiche che vi permettono di raggiungere migliaia di persone o potenziali clienti tutti in una sola mossa ma la prima cosa da tenere in considerazione è racchiusa in alcune parole chiave:
Buon Senso
Educazione
Ascolto
Costanza
Organizzazione
Per un’azienda essere presente online è diventato un aspetto fondamentale che può arrivare a decidere anche le stesse sorti dell’attività, ma essere presente online significa anche “saper scegliere quale è il vestito migliore per presentarsi al proprio pubblico”. Davanti ad una quantità enorme di social network tra i più disparati, divisi per social generalisti (es. Facebook o Twitter) e social di settore (es. LinkedIn o Instagram) bisogna innanzitutto scegliere quale siano i social network che possano permettere di raggiungere più facilmente il proprio target di riferimento o meglio tutti quei contatti che potrebbero trasformarsi in potenziali clienti.
Quindi iniziamo a valutare bene quale strada vogliamo percorrere e quali vetrine per la propria attività si vogliono aprire, prima di buttarsi a capofitto su Facebook o simili.
Continua la collaborazione con Puglia Bike, anche questa volta siamo stati incaricati di ideare e produrre una campagna pubblicitaria per la promozione del nuovo servizio di Rental Bike del noto negozio di bici. Il lavoro ci ha visti impegnati nella creazione di un’illustrazione primaria alla quale segue il messaggio che illustra il nuovo servizio. Scoprite direttamente il lavoro nel nostro portfolio…
Dopo un periodo di assenza di aggiornamenti eccoci a pubblicare i nostri lavori di Grafica e Stampa…
Vi mostriamo subito un nostro ultimo lavoro, si tratta di un banner, semplice ma al tempo stesso efficace nella comunicazione e divulgazione del messaggio che il cliente ci ha chiesto di rendere chiaro.
L’alta qualità dell’immagine fotografica prodotta unita alla stampa in qualità HD rende quasi emozionante il risultato finale.
Concluso con ottimi risultati, il nuovo sito www.itrullididonnapeppa.it rappresenta nel migliore dei modi la mission della struttura, si tratta infatti di un albergo diffuso su buona parte del territorio di Ceglie Messapica. I Trulli di Donna Peppa sono infatti una serie di struttura ricettive completamente ristrutturate ed arredate in grado di accogliere da 2 a 6 persone per ogni singolo trullo. La forte componente rurale delle strutture ha portato ad un scelta stilistico/grafica che presenti colori estivi, freschi e solari, affiancato all’utilizzo di un motore CMS, come wordpress si è ottenuto un sito davvero ben fatto e sopratutto funzionale ai massimi livelli.
Una delle prime domande che pongo ai miei clienti durante il brief iniziale è questa: Conosci i tuoi clienti?
Le persone, i loro bisogni e le loro aspettative, stanno progressivamente diventando il fulcro intorno a cui ruota il design di ogni nuovo prodotto o servizio digitale.
Sono le scelte degli utenti, infatti, quelle che determinano il successo o meno di un nuovo prodotto.
Ma in quale misura?
Sketchin, studio svizzero di progettazione dell’esperienza d’uso, ha realizzato una ricerca per stimare il legame che esiste tra conoscenza dei propri clienti e ritorno di investimento.
In altre parole sono riusciti a valutare, dati alla mano, investire in user experience research convenga davvero.
La ricerca è stata condotta intervistando circa 100 imprese che operano in Svizzera e in Italia.
La maggior parte del campione dichiara di conoscere bene i propri clienti, ma poi non è soddisfatta della propria customer satisfaction e delle proprie performance di business, e il problema aumenta di gravità all’aumento di dimensione dell’azienda.
Eppure la ricerca dimostra che le imprese che conoscono i bisogni e i comportamenti d’uso dei propri utenti sono anche quelle maggiormente soddisfatte delle proprie performance di business.
L’apparente paradosso si risolve ponendo l’attenzione sul metodo che le imprese adottano per conoscere i propri utenti: quante fanno ricerca hanno risultati di gran lunga migliori rispetto a quelle che si affidano alle proprie opinioni.
Tu conosci i tuoi clienti? Scrivimelo nei commenti
Se hai bisogno di un preventivo o di una valutazione della tua azienda per poter sviluppare il tuo brand, contattami.
‘Il decennio perso da Microsoft’, il titolo del lungo articolo su Vanity Fair firmato da Kurt Eichenwald scrittore e reporter del New York Times, che spara a zero contro Steve Ballmer e gli ultimi dieci anni di gestione sconsiderata del colosso di Redmond.
Questa è in ordine cronologico solo l’ultima delle analisi che viene fatta sul colosso di Redmond, tanto più che anche dal punto di vista dell’immagine, un insieme incoerente di pezzi vecchi e nuovi, l’azienda è ferma da ventisei anni allo stesso logotipo. Questo modo di operare fa ben poco per contribuire a trasmettere la nuova direzione che l’azienda ha deciso di intraprendere, con Windows 8 e il nuovo Surface.
E così un giovane ventunenne, per esercizio personale, ha recentemente ripensato la brand identity della società, una rivisitazione di Microsoft in chiave Tablet, a quanto pare il nuovo mantra dalle parti di Seattle. Il giovane grafico ha sottolineato che negli ultimi 26 anni il logo Microsoft ha subito circa 8 riprogettazioni mai deviando dalla classica finestra, però alla presentazione del nuovo sistema operativo l’azienda ha tentato di riposizionarsi con un distacco radicale dalla tradizione ormai consolidata. Per Windows 8 si è introdotto un nuovo font, nuovi colori e immagini ma senza un appiglio verso il glorioso passato; tuttavia “quello che funziona su una scatola di Office, necessariamente non funziona su una linea di prodotti di nuova generazione come Surface, Windows Phone o Xbox” ha detto Kim, continuando: “Microsoft sta mostrando un progresso incredibile rispetto al passato, una visione che mancava da anni in azienda” (ritroviamo le considerazioni di Eichenwald a cui non si può che dar ragione ndr.) “il logo però oltre al progresso dovrebbe aggrapparsi al passato, Microsoft sta proiettando un’immagine confusa sulla nuova direzione intrapresa”.
Ai tempi Sam Moreau (direttore della User Experience di Windows) sottolineò come il nuovo logotipo di Windows avesse ispirazioni moderne ma al contempo classiche grazie all’utilizzo di un nuovo stile tipografico e iconografico di tipo svizzero: “colori piatti, con linee e forme pulite e la sparizione della finestra stilizzata come una bandiera utilizzata fin da Windows 3.1 tornando quindi alle origini”.
Nel redesign di Andrew Kim chiamato The Next Microsoft invece viene proposta una soluzione chiamata “the slate”, un parallelogramma ispirato alle finestre degli uffici dei grandi grattacieli d’uffici americani, un segno in grado di adattarsi su qualsiasi linea di prodotto unificando sotto un semplice segno obliquo i diversi prodotti di Microsoft.
Kim non si è però soffermato alla sola brand identity ma ha abbracciato in piccola parte anche la riprogettazione della user experience del nuovo stile Metro, adottato attualmente dagli smartphone Microsoft-Nokia (Windows Phone), da Windows 8 e presto dal nuovo tablet Surface uno stile che si caratterizza per un audace uso del colore, della tipografia e del movimento, portando, rispetto al passato, ad un nuovo approccio la UI dei prodotti Microsoft.
Le avventure di Capitan Giovanni: un cartoon 3D per avvicinare la metropolitana ai più piccoli. Il video educational in 3D “Le avventure di Capitan Giovanni” racconta la storia di Brescia dalla preistoria ai giorni nostri. In una divertente avventura, insieme ai due fratelli Monica e Giovanni, al robottino Brixy e alla sfera luminosa Bell, si va alla scoperta della tecnologica ed innovativa metropolitana di Brescia.
Il concept, la regia e i personaggi di questo video sono stati curati e ideati da Davide Simon Mazzoli: noto creativo dalla vasta esperienza nel campo dell’entertainment, realizzatore di varie attrazioni di grandi parchi di divertimento come Gardaland, autore televisivo Mediaset e scrittore di rilevanza nazionale.
Per il progetto, sviluppato in co-marketing con Editrice La Scuola e Centrale del Latte di Brescia, il gruppo ATI (Borgo Creativo, Raineri Design, EdWorks e Cassani) ha realizzato una school bag che conterrà il dvd del cartoon 3D, una merendina Centrale del Latte, un taccuino Editrice La Scuola.
Il team di modellatori professionisti di Edworks in collaborazione con il regista Davide Simon Mazzoli, ha interamente realizzato e prodotto il cartoon. Ogni elemento del corto in 3D è stato realizzato in modo da essere assolutamente aderente alla realtà: stazioni, arredi e treni sono l’esatta riproposizione di ciò che si trova all’interno delle stazioni della Metropolitana di Brescia. Questo risultato è stato possibile grazie ad un approfondito lavoro di ricerca di Edworks e da numerosi sopralluoghi effettuati dai modellatori del nostro team nelle stazioni della metropolitana.
Il prodotto è frutto di un lungo lavoro di studio, sketching e prove di modellazione. Ogni personaggio è stato pensato attentamente in modo da divenire rappresentativo di una categoria generalizzata di persone, con l’intento di mettere in evidenza chi e in che modo potrà usufruire della Metropolitana di Brescia.
Il regista si è occupato della creazione e caratterizzazione dettagliata di ogni personaggio, che è stato fornito ad Edworks in una prima fase sottoforma di sketch cartacei.
Tutti gli elementi dei characters, ogni espressione e dettaglio, sono stati pensati in modo da coinvolgere gli utenti finali in un’esperienza emozionale. Il team è stato in grado di realizzare un corto che riesce a evidenziare in modo efficace quali siano le effettive migliorie che la Metropolitana di Brescia porterà città.
Nessun elemento nel cartoon è casuale: per presentare al pubblico il risultato finale ci si è avvalsi di un’esperta sound designer e anche di un tecnico luci e fotografia, che ci sono stati necessari per rendere quanto più possibile realistico quanto rappresentato nei 10 minuti di durata complessiva del corto.
Tutti i bambini coinvolti nel progetto (sono 55 le scuole che parteciperanno in questa prima fase ) riceveranno in dono la simpatica school bag e avranno la possibilità di rivedere il cartoon 3D insieme a mamma e papà, ogni volta che vorranno. L’obiettivo di questa iniziativa è quello di coinvolgere anche le famiglie attraverso l’entusiasmo e la partecipazione diretta dei più piccoli.
Dopo sei anni di onorato servizio, il gigante del social networking Twitter ha svelato un piccolo cambio di marchio. “Larry”, il famoso uccellino blu ha subito un modesto restyling perdendo la chioma, vedendosi allungate le ali e subendo una piccola inclinazione verso l’alto così da assumere una posizione di “decollo”.
Doug Bowman, direttore creativo di Twitter, ha sottolineato come d’ora in poi questo uccello sarà “il simbolo universalmente riconoscibile di Twitter” (già lo era ndr.).
“Twitter è questo uccello, e l’uccello è Twitter, quindi non c’è più bisogno del testo, dei caratteri tipografici bolliti o di una minuscola ‘t’”, ha scritto Bowman sul blog della società.
In concomitanza con questo lancio, l’azienda ha rilasciato anche una nuova serie di linee guida per l’utilizzo del marchio.
Secondo fonti di DesignTaxi, che a sua volta riprendono il Daily Mail, questo nuovo “uccellino” avrebbe un valore tra gli 8 mila ed i 20 mila dollari.
“Il nostro nuovo uccello cresce per amore di ornitologia, creato con specifici vincoli creativi e con una geometria semplice. Questo uccello è realizzato esclusivamente da tre serie di cerchi sovrapposti, simili alle vostre reti, interessi e idee connessi che si intersecano con coetanei e amici “, ha ulteriormente descritto Bowman.
Pare incredibile, ma oltre i due terzi degli stemmi comunali del nostro Paese non sono a norma o non hanno avuto il necessario riconoscimento.
L’Italia pur essendo considerata uno dei simboli del design, della cultura e dell’arte mondiale, sta lasciando lentamente scomparire l’arte araldica, un tempo considerata come “nobilissima armorum scientia”.
In un piccolo scudo è contenuta e tramandata la nostra storia, un racconto di vita vissuta; l’araldica è infatti una disciplina scientifica per lo studio degli stemmi, dei simboli e delle complesse norme che ne regolano la materia.
Studia ed insegna a comporre le armi, gli emblemi, i colori e gli ornamenti per identificare Enti, famiglie e persone.
Ogni Comune ha il suo stemma sui documenti, sulla modulistica, sugli automezzi e sui gonfaloni, tuttavia non rientrano tra gli oggetti di studio dell’araldica le bandiere e i loghi o marchi di natura commerciale o industriale: le prime, perché a esse l’araldica fornisce solo la giustificazione storica e la base concettuale di costruzione, ma poi le abbandona al momento in cui esse vengono rigidamente regolamentate da leggi e decreti che riguardano la loro esatta riproduzione e dimensione; i secondi, perché si tratta di espressioni grafiche assolutamente rigide, immutabili e “congelate” nell’unica forma ammessa.
Nella nostra legislatura gli stemmi araldici hanno, tra i pochi casi al mondo, una specifica tutela giuridica: Regioni, Provincie, Città e Comuni possiedono precise regole per adottare i propri, la Legge attraverso il Regio Decreto 61 del 1929, 1440 del 1933 e del 652 del 1943 ha posto le solide basi per la costruzione e l’adozione degli Stemmi Araldici per i suddetti Enti dello Stato. Così come la L. 142 del 08/06/1990 (“Ordinamento delle autonomie locali”) ha introdotto l’obbligo/diritto per Comuni e Provincie di dotarsi di un apposito statuto sul quale, tra le altre cose, vanno riportati gli elementi identificativi dell’Ente Locale, la descrizione dello stemma e del gonfalone.
IL GONFALONE
Il gonfalone (anticamente anche confalone) è un vessillo, di norma rettangolare e appeso per un lato minore ad un’asta orizzontale a sua volta incrociata con una verticale sostenuta da chi porta il gonfalone (gonfaloniere). Fu adottato da numerosi comuni medioevali, ed in seguito anche Compagnie, Corporazioni e Quartieri adottarono propri gonfaloni.
Oggi tutti i comuni italiani sono rappresentati da un proprio gonfalone con al centro lo stemma comunale. I gonfaloni ufficiali, così come stabilito dall’articolo quinto del Regio Decreto 652 del 1943 devono essere: di un metro per due, del colore di uno o di tutti gli smalti dello stemma dell’ente, sospeso mediante un bilico mobile ad un’asta ricoperta di velluto dello stesso colore, con bullette poste a spirale, e terminata in punta da una freccia, sulla quale sarà riprodotto lo stemma, e sul gambo il nome dell’ente. Il drappo, riccamente ornato e frangiato sarà caricato, nel centro, dello stemma dell’ente, sormontato dall’iscrizione centrata (convessa verso l’alto) dell’ente. La cravatta frangiata dovrà consistere in nastri tricolorati dai colori nazionali.
Gli smalti sono i colori che compongono lo stemma e si dividono in due gruppi: il gruppo dei metalli (oro e argento) e il gruppo dei colori (azzurro, rosso, nero, porpora, verde). Il vaio e l’ermellino sono oggi in pratica abbandonati.
Un recente d.P.C.M. dispone che il gonfalone abbia un drappo rettangolare di 90 per 180 cm, su cui è effigiato lo stemma dell’ente con la relativa corona. Il colore del drappo deve riferirsi ad un colore presente nello stemma.
L’ASPETTO TECNICO
Sotto l’aspetto tecnico lo stemma di un Comune, così come quelli di una Provincia devono soddisfare precise regole non solo per vincoli estetici ma per permetterne il riconoscimento da parte dell’ufficio Onorificenze e Araldica pubblica del Dipartimento del Cerimoniale di Stato, in capo alla Presidenza del Consiglio – massima istituzione che suggerisce alla Presidenza della Repubblica l’autenticità dello stemma in modo da poterlo rendere ufficiale con apposito Decreto del Presidente della Repubblica.
In conformità al decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri 28 gennaio 2011 gli enti, territoriali e giuridici, che intendano conseguire ufficialmente emblemi araldici, debbono rivolgersi al Servizio araldica pubblica nell’ambito dell’Ufficio Onorificenze e Araldica.
L’odierno ordinamento riconosce valore solamente agli emblemi araldici (stemmi, gonfaloni e bandiere e sigilli) delle regioni, delle province, delle città metropolitane, dei comuni, delle comunità montane, delle comunità isolane, dei consorzi, delle unioni di comuni, degli enti con personalità giuridica, delle banche, delle fondazioni, delle università, delle società, delle associazioni, delle Forze armate ed dei Corpi ad ordinamento civile e militare dello Stato.
La concessione di essi, è disposta con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Lo stesso decreto all’articolo 5 detta le caratteristiche tecniche degli emblemi: lo stemma è costituito da uno scudo e, nel caso di province e di comuni insigniti del titolo di città, e di comuni, da una corona collocata al di sopra dello scudo stesso. Oltre ad essere elemento di completezza dell’emblema, la corona indica con la sua forma il grado di appartenenza dell’Ente.
LO SCUDO
Lo scudo – obbligatorio – per la costruzione degli stemmi è quello detto “sannitico moderno”; cioè uno scudo rettangolare con gli angoli inferiori arrotondati. Tale scudo deve mantenere una proporzione di 7 moduli di larghezza per 9 moduli di altezza.
Questi nove moduli sono detti “punti dello scudo” e vengono identificati da nomi che variano di poco secondo gli autori, eccezion fatta per il «punto centrale» (5) detto anche «cuore» o «abisso».
Due altri “punti”, citati da tutti, sono il «punto d’onore» (A) e l‘«ombelico» (Ω). Ma se per alcuni si tratta di un’area equivalente ai primi posta a cavallo di 2 zone, per altri di tratta di punti in senso geometrico, situati al centro delle frontiere 2-5 e 5-8.
Quali che siano gli autori, vi è simmetria di denominazione tra 1 e 3, 4 e 6, 7 e 9 in cui “destra” per 1, 4 e 7 corrisponde a “sinistra” per 3, 6 e 9. La destra di uno scudo è quella posta a sinistra di chi lo guarda, infatti, in araldica sinistra e destra sono quelle di chi porta lo scudo.
Punto 1: “canton destro del capo” (Duhoux D’Argicourt lo chiama «angolo destro del capo» che designa secondo gli altri autori l’angolo materiale dello scudo);
Punto 2: “punto del capo” (numerosi autori lo chiamano semplicemente «capo» ma non confermano tale denominazione nella loro definizione di «capo»);
Punto 4: “punto del fianco destro” (stessa osservazione fatta per il capo);
Punto 7: “canton destro della punta” (Duhoux D’Argicourt come per 1, parla di angolo);
Punto 8: “punto della punta”. La maggior parte degli autori usano solo “punta” (ma si trova più spesso conferma nella definizione di “punta”). Talvolta si trova “piede”.
Queste differenze di vocabolario o di definizione non hanno in pratica conseguenze sulla blasonatura — il che probabilmente spiega come mai tali differenze resistono.
Lo scudo può essere suddiviso a sua volta in partizioni secondo semplici linee, le quattro partizioni di base (partito, troncato, trinciato, tagliato) possono essere combinate all’infinito in modo che ogni elemento sia in grado di comportarsi come uno scudo a parte.
LA CORONA
Gli scudi sono sormontati da una corona, diversa per la tipologia dell’Ente: Comune, Provincia e Città.
Le Province utilizzano una corona costituita da un cerchio d’oro gemmato con le cordonature lisce ai margini, racchiudente due rami, uno di alloro e uno di quercia, al naturale, uscenti dalla corona, decussati (dicesi la croce di Sant’Andrea e le pezze poste in quella posizione) e ricadenti all’infuori.
Le Città, ovvero i Comuni insigniti del titolo di città, utilizzano una corona turrita, formata da un cerchio d’oro aperto da otto pusterle (cinque visibili) con due cordonate a muro sui margini, sostenente otto torri (cinque visibili), riunite da cortine di muro, il tutto d’oro e murato di nero.
I Comuni invece devono utilizzare una corona formata da un cerchio aperto da quattro pusterle (tre visibili), con due cordonate a muro sui margini, sostenente una cinta, aperta da sedici porte (nove visibili), ciascuna sormontata da una merlatura a coda di rondine, il tutto d’argento e murato di nero.
A completare lo stemma v’è un elemento decorativo composto da due rami, uno di quercia con ghiande e uno di alloro con bacche, fra loro decussati, posti sotto la punta dello scudo e annodati da un nastro con i colori nazionali.
Gli enti diversi da quelli territoriali possono fregiare il proprio stemma con corone speciali di cui l’Ufficio onorificenze e araldica, di volta in volta, cura la realizzazione.
Una piccola curiosità storica, durante il ventennio fascista i Comuni potevano fregiarsi della concessione del “Capo del Littorio”, istituito con decreto numero 1440 del 12 ottobre 1933 (anno XI° dell’era fascista); questa blasonatura era di colore porpora con un fascio Littorio d’oro circondato da due rami di quercia e d’alloro annodati da un nastro dai colori nazionali. Una volta concesso con decreto, a firma del Re Vittorio Emanuele III e controfirmato
da Benito Mussolini, veniva posto nella parte superiore dello scudo.
Il color porpora non fu certo una adozione casuale visti “i credi ispiratori” della dittatura Fascista: i romani in primis utilizzarono il color porpora come simbolo del potere, fregiando di drappi rossi senatori e imperatori. Graficamente il colore porpora si rappresenta con linee diagonali araldicamente da sinistra a destra.
L’art. 2 del decreto recitava: “L’emblema del fascio littorio usato, a norma delle disposizioni vigenti, dalle province, dai comuni, dalle congregazioni di carità e dagli enti parastatali autorizzati a fregiarsene, dovrà essere disposto negli stemmi di legittimo possesso iscritti nei libri araldici del regno, nella forma della figura araldica del capo.”